In suburban Buenos Aires, thirty unemployed ceramics workers walk into their idle factory, roll out sleeping mats and refuse to leave. All they want is to re-start the silent machines. But this simple act - the take - has the power to turn the globalization debate on its head. Armed only with slingshots and an abiding faith in shop-floor democracy, the workers face off against the bosses, bankers and a whole system that sees their beloved factories as nothing more than scrap metal for sale.
"E' stato come per le volpi avere l'accesso all'interno del pollaio", dice uno degli intervistati descrivendo l'operato degli executives delle società finanziarie dopo la deregulation iniziata da Reagan. È un resoconto, spietato, di quanta avidità e mancanza di scrupoli ci siano dietro la crisi finanziaria che ha provocato, a partire dal 2008, la perdita di milioni di posti di lavoro. Una ricostruzione, sconcertante, dei rapporti tra strutture finanziarie e membri dell'esecutivo, delle dannose conseguenze dei conflitti di interesse - ci ricorda qualcosa? - nei rapporti tra mercato e governo.
Dalla decisione legale americana della fine del 18° secolo che il modello organizzativo della società d'affari è legalmente una persona, è diventata una forza economica, politica e sociale dominante in tutto il mondo. Questo film prende un esame psicologico approfondito del modello organizzativo attraverso vari casi di studio. Ciò che lo studio illustra è che nel suo comportamento, questo tipo di "persona" si comporta tipicamente come uno psicopatico pericolosamente distruttivo senza coscienza. Inoltre, vediamo la profonda minaccia che questo psicopatico ha per il nostro mondo e il nostro futuro, ma anche come le persone con coraggio, intelligenza e determinazione possono fare per fermarlo.
Zeitgeist: the Movie è un web film non profit basato su teorie del complotto del 2007, diretto, prodotto e distribuito da Peter Joseph; è uscito in lingua inglese sottotitolato in diverse lingue, tra cui l'italiano ed è da poco disponibile anche doppiato in italiano.È un documentario diviso in tre parti, apparentemente distinte ma rivolte verso un unico messaggio:
Attivista, politico, guerrigliero orgoglioso del proprio passato e soprattutto sognatore.“El Pepe” è diventato il presidente dell’Uruguay restando sempre fedele ai suoi ideali. Ma anche abbracciando la possibilità del cambiamento e della novità. Un sorprendente Emir Kusturica scava nell’eredità di José “Pepe” Mujica e ritrova in lui uno spirito affine con cui discutere il senso della vita da un punto di vista filosofico, politico e poetico. Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il dolce ritratto di un uomo che per tutta la vita non ha mai smesso di lottare per far valere i propri ideali e realizzare desideri all’apparenza utopici.
Tratto dal libro "The smartest guys in the room: the amazing rise and scandalous fall of enron" di Bethany Mclean e Peter Elkind, si narra la storia di uno dei peggiori scandali finanziari di tutti i tempi che coinvolse alcuni dei maggiori dirigenti di una delle più grandi società degli Stati Uniti. Furono accusati di aver rubato più di un miliardo di dollari rovinando investitori e impiegati.
Roger è Roger B. Smith, dal 1981 presidente della General Motors, la più grande casa automobilistica del mondo. "Me" è il giornalista Moore, autore di un film in cui racconta come e perché per due anni cercò inutilmente di parlare con il primo per indurlo a far visita a Flint (Michigan) dove la chiusura di undici stabilimenti della GM aveva lasciato senza lavoro trentamila operai.
Questa volta Michael Moore prende le mosse da lontano, addirittura dall'Impero Romano, per mostrare come i segnali di decadenza di quella potenza antica siano tutti rintracciabili nella realtà odierna. La domanda è più che mai esplicita e con la risposta già incorporata: quanto è alto il prezzo che il popolo americano paga a causa della confusione operata tra il concetto di Capitalismo e quello di Democrazia? Per Moore i due termini non coincidono anzi sono in più che netta opposizione soprattutto ora, dopo la crisi mondiale di cui tutti paghiamo le conseguenze. Per sostenere la sua tesi questa volta il polemista di Flint (cittadina a cui fa ancora una volta ritorno vent'anni dopo Roger & Me) fa un uso molto più ridotto di gag verbali e visive (anche se non ci risparmia un nuovo doppiaggio del Gesù di Zeffirelli in versione liberistico-sfrenata). Perché questa volta il tema è talmente serio che lo spazio per la risata non può che essere ridotto.
Aprile 2018, San Paolo: acclamato dalla base elettorale per le sue politiche sociali e le origini di sindacalista e metalmeccanico, Luíz Inacio Lula da Silva (Lula), già presidente del Brasile dal 2003 al 2011 (dopo tre tentativi falliti, nel 1989, '94 e '98) nonostante le proteste dei suoi sostenitori deve consegnarsi alla giustizia per effetto di una condanna in primo grado in seguito all'inchiesta sull'operazione "Lava Jato", "autolavaggio", nel senso di corruzione tramite tangenti della compagnia petrolifera nazionale Petrobras, e di riciclaggio. Uno scandalo che ha travolto non solo il suo partito (PT, Partido dos Trabalhadores, dei lavoratori, fondato, anche da Lula, nel 1980), ma anche la parte avversaria, ovvero esponenti del PSDB (Partito della Social Democrazia Brasiliana, nato nel 1988). E che continua, nonostante la scarcerazione di Lula a film finito, a perseguitare l'ex presidente per vie penali.
Nel gennaio del 2009 Oliver Stone si è recato in Venezuela per intervistare il presidente Hugo Chavez e analizzare l’immagine che di lui hanno proposto i mezzi d’informazione statunitensi. Chavez era davvero la forza “antiamericana” rappresentata dai media? Ma quando il viaggio è iniziato, Stone e la sua troupe hanno avuto bisogno di spingersi oltre il Venezuela per visitare altri paesi: hanno quindi intervistato sette Presidenti della Repubblica in tutto il continente. Stone partecipa così a conversazioni informali con i Presidenti Chavez, Evo Morales (Bolivia), Lula da Silva (Brasile), Cristina Kirchner (Argentina) e il suo consorte ed ex Presidente Nestor Kirchner, Fernando Lugo (Paraguay), Rafael Correa (Ecuador) e Raul Castro (Cuba).