Anziché raccontare la vicenda, più solita, di come un essere umano viene vessato e brutalizzato psicologicamente al punto da non provare più alcuna emozione e regredire ad uno stato animalesco in cui il male subito si restituisce senza indugio duplicato, Criminal, pur accennando a questo come ad un antefatto presente, si cimenta nel racconto inverso, di come un uomo possa ricominciare a sentire e a scegliere il bene, nonostante una base di presupposti mentali e culturali contrari. Basta veramente poco, però, per intuire che, da qualsiasi verso si guardi il percorso, l'intento è comune ed è un intento morale, nel migliore dei casi, se va male, moraleggiante. Ci spiace, dunque, se nell'intenzione di regista e sceneggiatori c'era una sorpresa di sorta, ma non crediamo nemmeno un minuto alla log line promozionale che vorrebbe Kevin Kostner per la prima volta nei panni di un super cattivo: non solo non ci inganna, ma non è nemmeno "disegnato così".
Eppure, l'intrattenimento offerto dal film è tutto lì, nel cattivone che comincia a sciogliersi, nei grugniti del condannato a morte che si fanno improvvisamente parole pronunciate con perfetto accento francese o ringraziamenti di cui il malcapitato non conosceva nemmeno l'esistenza. In questi frangenti il film ha un sapore noto ma pur sempre efficace e Kostner può riproporre con successo il suo sguardo sofferto e malinconico, quella solitudine che faceva innamorare il pubblico nella sua golden age e torna a dire che non ha esaurito tutte le cartucce.
Il problema è che, a sorreggere questo delicato equilibrio e questo accenno di commedia dei sentimenti, occorreva un thriller credibile, che ne facesse una parentesi molle dentro un meccanismo di ferro e di genere, ma proprio qui il film di Ariel Vromen fa acqua, non solo per il pressapochismo della parte fantascientifica (siamo nell'ordine degli stessi temi e problemi di Self/Less di Tarsem Singh, complice lo stesso Ryan Reynolds) ma anche perché non si era mai visto, per esempio, un capo dalla CIA tanto imbranato e un Gary Oldman di conseguenza tanto impacciato. Le code inutili e i facili sentimentalismi prendono a questo punto il sopravvento con disinvoltura, scombinando del tutto gli equilibri ideali del film.