Roger Kumble continua ad occuparsi di commedie e questa volta è vicinissimo a centrare il bersaglio. Vicinissimo ma non al centro. Vediamo perché. Il personaggio del ragazzo destinato a rimanere solo amico non esiste solo sul grande schermo o nella canzone (ricordate "La regola dell'amico" di Max Pezzali?) ma anche nella realtà. Quindi la possibilità di identificazione con il grande e grosso Chris Brender 'prima della cura' è un elemento narrativo molto forte. Così come lo è la possibilità di ritrovarsi nel cinico sciupafemmine per vendetta inconscia del 'dopo la cura', dieci anni più tardi. Funziona poi anche il controcanto del fratello minore rompiscatole a cui si affida il contenimento della debordante Samantha (con un'Anna Faris insopportabile al punto giusto). Il problema però è che la sceneggiatura a tratti vuole mescolare le carte e attribuire il grottesco a un Ryan Reynolds che in quelle situazioni risulta poco credibile. Anche in questo caso: ottima l'idea di trattare il tema del 'passato che ritorna' con Chris ormai convinto della propria seduttività che vede invece riemergere le frustrazioni di un tempo ma è 'il modo' in cui le suddette fanno la loro ricomparsa che finisce con il far perdere l'adesione al personaggio. Vorrebbero farci ridere (e magari ci riescono) ma trasformano un personaggio credibile in una macchietta. Peccato.