I film di mare esercitano sempre un loro fascino: aggiungendo la salda mano artigiana di Ron Howard e la fascinazione per il monumento letterario di Melville si hanno come risultato queste due ore di solido spettacolo che va ben al dilà delle scene d’azione supportate da ottimi effetti speciali. In verità, la parte che occhieggia alla creazione di Moby Dick è la meno apprezzabile: forse anche perché il libro è pietra angolare per la letteratura d’oltreoceano e su uno spettatore europeo ha inevitabilmente meno effetto, ma l’impressione è che si potrebbe fare a meno della cornice in cui l’ultimo sopravvissuto della Essex riporta alla luce i propri ricordi su invito del giovane scrittore di belle speranze. Il dialogo fra i due, venato dalle rispettive confessioni, va a scapito della tensione narrativa, tanto che non si vede l’ora di tornare a bordo e navigare la vicenda principale: è vero che la rappresentazione di una Nantucket tra iperrealismo e tocchi turneriani è di notevole valore, ma la stessa appare comunque all’inizio e alla fine dell’epopea della sfortunata baleniera e, in ogni caso, la fotografia di Anthony Dod Mantle conferma la sua brillantezza anche in mare aperto, sia nei momenti più concitati, sia quando i rapporti fra i personaggi prendono il sopravvento sull’azione. Howard decide dunque di basarsi su di un episodio reale anziché affrontare l’ossessione di Achab: la preferenza del regista per la ricostruzione storica è andata accentuandosi negli ultimi anni, come dimostrano ‘Frost/Nixon’ e ‘Rush’, opere che, inoltre, hanno in comune un altro filo conduttore, ovvero lo scontro fra due caratteri agli opposti, con la sola differenza che qui il confronto si fa da pubblico a (quasi) privato. Sulla Essex, comandata dal novellino con pedigree capitano Pollard (Benjamin Walker), si imbarca come primo ufficiale Owen Chase (Chris Hemsworth), la cui abilità marinaresca è tutta frutto dell’esperienza: tra i due sprizzano subito scintille mentre la nave salpa a caccia di cetacei. Dopo un lungo viaggio poco fruttuoso, al largo del Pacifico pare loro di trovare l’eldorado del baleniere, ma un capodoglio gigantesco affonda l’imbarcazione, costringendo gli scampati a una lunghissima lotta per la sopravvivenza. Uno svolgimento abbastanza classico che costringe il regista, assieme all’autore di soggetto e sceneggiatura Charles Leavitt, a cambiare registro a metà strada: a una prima parte più movimentata, in cui è l’avidità a spingere il comportamento dei personaggi mentre vengono sballottati dalle tempeste o cercano di colpire con l’arpione le loro gigantesche vittime, ne segue una seconda in cui a prevalere è la semplice esigenza di rimanere vivi con relativo spostamento dei limiti umani e relativi scrupoli morali. La narrazione scorre dall’una all’altra senza far avvertire la cesura, tanto che il ritmo rallenta in modo naturale e qualche lungaggine, che pure c’è, non dà un particolare fastidio. Per questa via, contemperando con la dimensione storica una sua a volte evidente attitudine melodrammatica, Howard riesce a portare a casa il risultato, seppure il film non riesca a replicare l’efficacia che era di ‘Rush’: il merito, vale ripeterlo, sta soprattutto nel raccontare la vicenda in sé dando un’angolatura che ha più di un debito con la classicità della Hollywood che fu. Su tale concezione pare essere stata basata pure la scelta degli attori, la cui alchimia è fondamentale vista l’ambientazione in uno spazio ristretto quale può essere quello di una nave, per non parlare di una scialuppa (con tanto di dieta ferrea per raggiungere il fisico del ruolo): in un cast per forza di cose quasi del tutto al maschile, Hemsworth trova un nuovo ruolo, dopo James Hunt, che lo aiuta sulla strada per diventare un buon interprete e attorno a lui ognuno funziona come dovrebbe, dal forse sottoutilizzato secondo ufficiale di Cillian Murphy al ragazzo di bordo del futuro Uomo Ragno Tom Holland. Ragazzo di bordo che, diventato adulto, ha l’aspetto di Brendan Gleeson impegnato a discutere con Melville/Ben Whishaw in quella cornice molto teatrale che, malgrado la loro bravura, nulla aggiunge e forse qualcosa toglie alla soddisfazione complessiva.