Le coordinate spaziali di Passengers sembrano situarsi da qualche parte tra Wall-E e Gravity, in un luogo in cui il tempo ha compiuto il suo giro e il futuro è un ritorno alla coppia adamitica e ripone la sua nuova speranza in una fogliolina, emblema della superiorità dell'organico, per quanto fragile e mortale, sull'inanimato. Chi segue questa rotta troverà un film confezionato per non scontentare alcuno, e destinato, dunque, a non entusiasmare nessuno.
Noiosetto come una crociera extra lusso una volta che si sono già esplorati e sperimentati tutti gli ambienti, questo film non riesce a mantenere il livello d'interesse destato dal primo colpo di scena (prevedibile ma comunque intrigante, un bell'interrogativo morale) e deve aggrapparsi agli appigli offerti dai luoghi comuni del genere, per riprendere l'afflato filosofico solo nel finale, in maniera ben più sbrigativa e superficiale. C'è però un'altra strada per arrivare alla stessa meta, che incrocia Titanic con un romanzo rosa e scopre le carte in partenza: in Passengers la fantascienza è un fondale, un'ambientazione esotica, quel che conta è il romance tra il meccanico di terza classe e la scrittrice newyorkese che si è imbarcata per tentare il colpaccio editoriale, la storia d'amore tra Chris Pratt, il duro che non teme i sentimenti, e Jennifer Lawrence, l'icona sexy dall'aumentata forza di resistenza.
Nonostante le prodezze tecniche e la bellezza sporadica ma reale di certe scene, come quella della mancanza di gravità nella piscina, il film di Tyldum va preso col sorriso sulle labbra, raccomandando occhi e cervello alla leggerezza. Altrimenti, troppi sono i punti che non tornano e a dir poco ridicoli appaiono i costumi e gli ambienti. Meglio vedere la nave-prigione come una metafora del matrimonio, con le sue abitudini e i suoi dubbi amletici, gli scherzi del destino e la possibilità salvavita di darsi al giardinaggio.