Se, sulla carta, Adam Sandler poteva sembrare il candidato ideale ad un ruolo del genere, in virtù dell'esperienza similare di Cambia la tua vita con un click, meno aderente poteva apparire il profilo di Tom McCarthy, specie dopo Il caso Spotlight. Il regista, in realtà, con Mr Cobbler e la bottega magica torna per molti versi al genere umanista dei primi tre film, di cui riprende l'idea di un protagonista maschile in letargo, che si apre alla vita in seguito ad un incontro particolare, ma la componente magica di questa parabola, per quanto metaforica e per quanto incastonata dentro la cornice di una leggenda yiddish, riscrive completamente i connotati del genere frequentato con successo dal McCarthy degli esordi e il risultato è meno interessante.
Sarà che la magia dell'incontro con l'altro, che finisce per ridefinire il sé del personaggio, non passa più dalla frequentazione con un essere umano ma da un oggetto, che già è spettato in sorte ad altri e così continuerà a fare, o sarà che la parte di Dustin Hoffman fa acqua senza mezzi termini, non suscitando la sorpresa che vorrebbe e non sfruttando le potenzialità che contiene, ma la sensazione ultima è che la fabula in sé non abbia sufficiente cuore né abbastanza avventura per rispondere alle aspettative dell'intro in salsa Coen. Non è dunque un difetto di retorica, se mai un problema di inconsistenza.
La buona notizia, invece, è proprio Adam Sandler, che mettendosi nei panni di Max il calzolaio (anzi, camminando nelle sue scarpe, come dicono gli anglosassoni) trova l'identità cinematografica migliore da qualche tempo a questa parte. Non più giovane, ma ancora acerbo socialmente, il suo Max è un immaturo diverso dai tanti personaggi clowneschi interpretati dall'attore newyorkese. Bolso all'occorrenza, insolitamente trattenuto, è un personaggio che cammina in ogni occasione con lo stesso passo del film.