Terzo e ultimo capitolo della trilogia cinematografica tratta da uno dei casi editoriali più straordinari degli ultimi anni, "Millennium" di Stieg Larsson, La regina dei castelli di carta riprende la storia del giornalista scomodo e dell'hacker cyberpunk da dove l'avevamo lasciata (La ragazza che giocava col fuoco), conducendola al suo scioglimento. Confermato il regista, Daniel Alfredson, e il cast protagonista, Noomi Rapace e Michael Nyqvist, l'epilogo è certamente il più debole dei tre atti e replica lo schema della ragazza vessata dal tutore maniaco e del giornalista superstar minacciato dai cattivi di turno.
Tra intoppi e deficienze di strutture, La regina dei castelli di carta come La ragazza che giocava col fuoco non accampa alcuno stile e si limita a una trasposizione elementare delle pagine di Larsson, che accontenterà unicamente gli appassionati consumatori di trame, scontentando al contrario lo spettatore interessato allo specifico del linguaggio cinematografico.
Se Uomini che odiano le donne, diretto dal danese Niels Arden Oplev, denunciava il retaggio dei traumi non pacificati della socialdemocrazia svedese, in questo terzo capitolo la cornice storico-politica si riduce fino a dissolversi dentro un universo irrimediabilmente misogino e fino a invalidare il valore aggiunto dei romanzi di Larsson: l'ambientazione nordeuropea e la vastità di un paesaggio indifferente. Un adattamento trascurato e trascurabile che offre un servizio scadente all'immaginazione dei lettori e a chi non aveva mai avvicinato l'universo narrativo dello scrittore svedese.