Nella prima sequenza del film una piuma volteggia nell'aria e va a posarsi su un piede di Forrest, e nell'ultima il vento se la riporta via: Forrest Gump è ormai diventato grande. La piuma è il privilegio dell'ingenuità, in sostanza la grazia. Nulla di nuovo o sconvolgente, semplicemente un resoconto intelligente e ironico, pieno di tutti i luoghi comuni e di (volute) ingenuità sui peccati, mortali e veniali, dell'America. La parabola è quella dell'uomo puro che fa grandi cose suo malgrado, senza cercarle. Quando racconta la guerra in Vietnam dice: "Eravamo sempre in cerca di un tale di nome Charly". Straordinaria la metafora della corsa. Forrest è stato un campione e correre gli è naturale come respirare. Attraversa l'America dall'Atlantico al Pacifico, più volte. Diventa una leggenda, dietro di lui la schiera dei seguaci che corrono si ingrossa sempre più. A un certo punto Forrest, con barba lunghissima, si ferma fra le suggestive rocce del Colorado. Tutti aspettano ansiosi la sua decisione, foriera di chissà quali altissimi significati. Forrest dice: "Sono un po' stanchino". Dunque è tutto molto semplice e naturale. "Dietro" non c'è altro. Quasi superfluo dire della grande bravura di Hanks, uno degli attori ormai perennemente toccati dalla grazia (come Anthony Hopkins, per esempio). Forrest ha riscosso un grande successo commerciale in tutto il mondo e rappresenta un'oasi molto gradevole nel panorama generale delle proposte, portatrici di angosce, del nostro tempo.