Ispirarsi a un videogioco, per il cinema, non è mai stata una cosa semplice. Le trame dei game sono studiate a livelli, a crocevia, mentre una sceneggiatura cinematografica deve essere scorrevole, dettagliata, seguire una "consecutio temporum". C'è però un elemento che i due mondi hanno in comune, ovvero l'opportunità di creare atmosfere, visive e sonore. Ciò accade in "Silent Hill", ultimo film di Christophe Gans, uno che in materia di fantasy e mondi ibridi sa il fatto suo ("Il patto dei lupi", "Crying Freeman"), e che costruisce un lungometraggio tetro e sinistro, sui tappeti sonori del Videogame e su immagini buie e livide che creano inquietudine e partecipazione in chi guarda. "Silent Hill" prende però dalle sue fonti anche i difetti, e lo script si svolge in una direzione soggettiva, quella di Rose, che attraversa i vari "quadri", uniti da sequenze di raccordo che coinvolgono i personaggi secondari. Chi ha vissuto in prima persona il gioco della Playstation non potrà non rimanere coinvolto e sconvolto dalla verosimiglianza dei mondi ricreati sullo schermo, tuttavia, anche coloro che non sono dei fedelissimi della "console" troveranno questo viaggio, affascinante, dilatato nella durata (centoventi minuti per un soggetto "mistery", sono molti), angosciante e visionario. Forse la migliore trasposizione cinematografica da un videogame dai tempi di "Tron".