È una storia nota quella che il film dell'esordiente J.C. Chandor ci racconta. Una storia di cui paghiamo e pagheremo a lungo le conseguenze. Lo fa con i mezzi che il cinema ha a disposizione e con un cast di alto livello capace di trasformare la fiction in una efficace rilettura del vero. Ci aveva già provato (riuscendoci) Oliver Stone con Wall Street - Il denaro non dorme mai. Ci riesce con ancora maggiore efficacia questo film perchè non ha nel proprio bagaglio un precedente successo planetario a cui fare riferimento come invece Stone aveva.
Chandor sceglie la via della didattica grazie a dialoghi efficaci tra cui risultano particolarmente illuminanti quelli che si intrecciano con il boss dei boss John Tuld interpretato da un Jeremy Irons in piena forma luciferina. C'è un mondo là fuori che sta per essere travolto da uno tsunami finanziario senza precedenti per la forma e le modalità. Quegli uomini debbono decidere della sorte dell'umanità dovendo valutare se anteporvi o meno la propria.
Con la fluidità del cinema di denuncia di alto livello a cui il cinema americano riesce periodicamente a fare ritorno Margin Call riesce a farci comprendere come il destino di miliardi di persone finisca con il concentrarsi nelle mani di pochi nonostante tutte le discettazioni sulla democrazia. È nello stupore del giovane Peter come nell'amarezza di segno diverso dei veterani Sam ed Eric che leggiamo l'amara verità dei nostri tempi. Chandor riesce a spiegarcelo (come gli chiede in riunione Tuld) come se lo dovesse far capire a un bambino o a un Golden Retriever. Gli va riconosciuto questo merito non secondario.