Il primo adattamento di "The Borrowers", romanzo dell'inglese Mary Norton (la stessa che nel 1973 ha ispirato la Disney per la creazione del capolavoro "Pomi d'ottone e manici di scopa"), risale a quarant'anni fa, ad opera di Hayao Miyazaki e Isao Takahata, ma è rimasto in un cassetto e ha ceduto il passo, nel tempo, prima ad una serie tv e poi alla versione live action di Peter Hewitt con John Goodman. Ma fortuna ha voluto che, dopo il successo di Ponyo, lo Studio Ghibli riprendesse in mano quel progetto e ne traesse questo delizioso film d'animazione, sceneggiato dallo stesso Miyazaki con Keiko Niwa e affidato per la prima volta alla regia di Hiromasa Yonebayashi, principale animatore dei più noti lungometraggi del maestro.
Il rispetto dello stile dello Studio Ghibli è dunque assicurato, mentre è presto per poter riconoscere nel regista una personalità originale e autonoma, ma il film non manca davvero di nulla. La ricostruzione del piccolo mondo, in tutto simile al nostro, solo più umile, consapevole e fantasioso, per l'uso inventivo che fa degli oggetti degli uomini, è oggetto di meraviglia e di bellezza, mentre il sentimento nasce dalla creazione del rapporto tra Arrietty e Sho, che è assente nel romanzo e ricorda da vicino quello di Memole e Mariel, nell'anime tratto dal manga di Yasuhiro Nagura; l'umorismo, infine, nasce dal personaggio caricaturale della governante della casa, ossessionata dagli ometti quanto Gargamella dai puffi.
Al tema già sovente esplorato della comunicazione tra esseri diversi e del valore della fiducia reciproca, trattato con straordinaria delicatezza e dignità, si aggiunge in questo film quello sociale di una modalità di vivere che "prende a prestito" ciò di cui necessita, relegando nell'inutilità il denaro e sintonizzandosi sull'odierno tempo di crisi, economica e immobiliare.