47 metri appartiene a esse, mettendo in scena una situazione che presenta analogie con altri squalo-movies atipici come Open Water e Paradise Beach - Dentro l'incubo, ma con sufficiente originalità nello spunto.
L'inglese Johannes Roberts è uno specialista dell'horror, pur non avendo un pedigree di particolare brillantezza: qui maneggia con abilità una situazione interessante, da claustrofobia in spazio aperto, in un tour de force registico nel quale trova tempi e modi adeguati per produrre momenti di tensione e spavento senza però mai mettere in secondo piano l'aspetto umano, che ci porta a temere per la sorte delle due protagoniste alle prese con qualcosa di più grande di loro. La tensione viene mantenuta piuttosto alta e convincente: talvolta il film traccheggia per la poca sostanza narrativa (è soprattutto un film di situazione), ma riesce a rendere con efficacia la solitudine e la disperazione delle ragazze di fronte a una natura ostile per la quale sono solo cibo per squali.
Pur senza essere particolarmente sottile nella descrizione delle psicologie, inoltre, il film è capace anche di fornire un ritratto convincente del legame che unisce le due sorelle, diverse nel carattere, ma solidali e profondamente affezionate. E l'incertezza in cui versano, insicure sullo stato delle cose in superficie (sono state abbandonate o qualcuno le cerca?), aggiunge ulteriori elementi di suspense. Certo l'elenco delle cose che vanno storte è un po' troppo lungo e ciò detrae un po' di credibilità dalla vicenda, ma nell'insieme il film è molto realistico, avvincente, teso e dotato anche di un buon colpo di scena finale che chiude in modo adeguato la storia. Buona la prova del cast con Mandy Moore e Claire Holt in buona evidenza e la simpatica partecipazione di una vecchia volpe del cinema hollywoodiano come Matthew Modine - lontano dai fasti di Full Metal Jacket, ma ancora in gamba - nei panni di un lupo di mare dall'attrezzatura un po' troppo corrosa dalla salsedine.