Il thriller punta tutto, o quasi, sul clima di sfiducia che si crea attorno al personaggio della Foster, la tipica persona che nessuno vorrebbe accanto a sè in una trasvolata oceanica, e ci riesce perfettamente almeno per un'ora. L'equilibro tra la maturazione della protagonista che da madre angosciata e sconcertata diventa donna d'azione e di cervello e quello del plot, via via sempre più complesso e sfuggente, è inizialmente davvero perfetto. Purtroppo però tutta la tensione e la suspance accumulata nella prima ora del film, scende in picchiata nella seconda parte e termina con un atterraggio davvero maldestro. Dopo aver scansato i numerosi clichè del genere ed aver regalato più una scena valida, senza contare il gustoso mettere alla berlina le paure e manie attuali degli americani (arabi, attacchi terroristici, un certa misoginia ed una totale indifferenza nei confronti della sorte del prossimo), Flightplan precipita con un finale davvero scadente sia nella forma che nella sostanza. La soluzione dell'enigma è troppo complessa, il politically correct invade fastidiosamente il campo e l'happy end, peraltro inevitabile, è rappresentato in maniera davvero maldestra e stupidamente pomposa. In definitiva il mix tra elementi postivi e negativi azzera la bilancia e spedisce Flightplan nell'affollato hangar delle occasioni mancate: il film è godibile e merita tutto sommato una visione, ma poteva diventare, con alcuni semplici accorgimenti, davvero un piccolo classico.