Adam Sandler è sicuramente uno degli attori più abili nel gestire la propria carriera. Forse è anche uno dei più cinici. Se è vero, come si narra, che abbia regalato delle Maserati ai principali fautori dello straordinario successo di Un weekend da bamboccioni ha fatto sicuramente bene a tornare sul luogo del delitto (anche se con la ruffiana nostalgia per il buon vecchio borgo di campagna) per cercare di bissare il risultato. È la prima volta infatti che si rende disponibile per un sequel del quale è anche co-sceneggiatore e produttore. Il cinismo sta nella consapevolezza di avere nelle proprie corde i toni giusti per la romantic comedy e di decidere di sfoderarli per la moralina finale. Così in un film in cui la triade dominante è rutto-starnuto-peto ci ricorda quanto siano importanti i valori familiari dopo che per tutto il tempo ha solleticato tutti gli istinti più bassi e volgari. In confronto a Un weekend da bamboccioni 2 da lui fortemente voluto (e diretto da un Dennis Dugan capace di dirigere sceneggiature di un livello superiore) il nostro Neri Parenti sembra che abbia studiato ad Harvard e che giri consultando costantemente il galateo di monsignor Della Casa. Il dispiacere si acuisce facendo un inevitabile confronto con Animal House che è stato di recente riproposto sugli schermi. La comicità 'bassa' non mancava lì così come sin dal teatro greco antico è entrata a far parte della storia dello spettacolo. Aveva però una reale funzione trasgressiva in cui Belushi si muoveva a totale proprio agio. Qui invece domina il conformismo di un presunto anticonformismo che è però solo di facciata e ha l'unico fine di puntare al box office.