Concepito come la conclusione della sua trilogia, Terminator - Destino oscuro ritorna ai fondamentali: da un futuro nemmeno troppo lontano (2042), in cui governano le macchine, un'altra Intelligenza Artificiale (Legion) invia un cyborg assassino e 'ultraperfezionato' a eliminare nel presente l'unico uomo che potrebbe cambiare il corso degli eventi.
Con la complicità di Tim Miller, alla regia, Cameron riprende le cose da dove le aveva lasciate nel 1991, precipitando in Messico un Rev-9, creatura trasformabile e praticamente indistruttibile, e aggiornando l'immaginario troppo maschile della serie. Certo, in T2 Sarah Connor prendeva il fucile e in T3 il cyborg liquido aveva il volto e il corpo di una bionda algida ma è il mito dell'annunciazione (un uomo viene dal futuro ad annunciare a Sarah Connor che diventerà madre del salvatore) che T6 vuole 'terminare'.
A questo giro di pista, niente genitrici di eroi ma eroine. Addirittura tre e in rigoroso ordine di apparizione: Grace (Mackenzie Davis), soldato del futuro caduto dal cielo per contrastare il letale progetto di Rev-9, Dani Ramos (Natalia Reyes), operaia messicana che lavora alla catena di montaggio e domani entrerà nella resistenza per salvare il mondo, Sarah Connor (Linda Hamilton), madre del fu John Connor che non smette di cacciare Terminator e di cercare il suo nemico giurato. Tre tempi (futuro, presente, passato), tre età, tre storie che si intrecciano e affondano nell'acqua in un momento di tensione che evoca The Abyss e naviga nel cinema amniotico di James Cameron.