Di originale Nonno scatenato - per una volta non scatta neanche l'impulso di difendere l'opera dal titolo italiano affibbiatole e da un doppiaggio atroce - non ha neanche il soggetto, che sostanzialmente ricalca quello di Jackass - Nonno cattivo, al netto di qualche minima variazione. Ma rispetto a Johnny Knoxville e soci, Dan Mazer e lo sceneggiatore John Phillips hanno pensato di spingere ulteriormente sull'acceleratore del politicamente scorretto e dell'ultra-scurrile, costituendo il più improbabile dei duetti: Robert De Niro e Zac Efron.
Al di là dello sforzo di sospensione dell'incredulità richiesto per immaginarli come nonno e nipote, il caso di miscasting plurimo è da ricordare negli annali. Il ruolo di Efron è quello di un figlio di papà borghese e incapace di divertirsi: un burattino nelle mani di famiglia, società e futura moglie che ha rinunciato a inseguire i propri sogni. E che l'arco narrativo, passando per il carcere, uno spring break e delle nozze imminenti porterà inevitabilmente allo sconvolgimento di tutto ciò. Peccato che per Efron significhi in ogni caso mantenere una sola, immutabile, adamantina espressione. Ma se Efron ragiona, diciamo così, "per sottrazione", ovvero si sottrae al suo ruolo di attore, il vecchio Bob De Niro di smorfie ne sfodera fin troppe. Specie dovendo seguire uno script che lo porta a rimorchiare le trentenni (o ventenni? anche sui dati anagrafici gli anacronismi si sprecano) dal giorno successivo al funerale della moglie, a masturbarsi guardando porno o a recitare i nomi dei membri del Wu-Tang Clan fumando cannabis insieme a una gang.
È incomprensibile come possa Robert De Niro annientare consapevolmente una carriera in questo modo, accettando di accostare a personaggi come il Travis Bickle di Taxi Driver o il Noodles di C'era una volta in America il nonno scatenato dell'omonimo film. Se è un gesto situazionista o una provocazione alla Duchamp, è mal indirizzata, se si tratta di bollette da pagare è uno scenario oltremodo malinconico.
Lo script di Phillips purtroppo non dissacra né provoca. Essenzialmente insulta, male interpretando il verbo di Judd Apatow, varie minoranze (gay, neri, gentil sesso), arrivando persino a giocare con un simbolo come la svastica per prendersi gioco della ragazza ebrea con cui Jason/Efron dovrebbe convolare a giuste nozze. Ma soprattutto non fa ridere. Mai. Perché forse il riso, anche quello di cui vergognarsi a più non posso, quello per intendersi di certe battute di Christian De Sica (la gag della "crasi" di Natale a Rio sarebbe una sottigliezza alla Monty Python nel contesto di Nonno scatenato), porterebbe a una maggiore magnanimità nel giudizio. Ma in Nonno scatenato non scatta neanche un colpevole sorriso, perdura solo una sensazione di sgradevolezza reazionaria. Con tanto di messaggio morale (serio) su un ex-Berretto Verde che tiene fede allo slogan patriottico e "libera gli oppressi", ossia impedisce al nipote di commettere un errore sposando la donna sbagliata e "concede" a se stesso di fare sesso con una ragazza di 40 anni più giovane.
Se non fosse totalmente trascurabile e dimenticabile per la storia del cinema anche limitata al solo 2016, sarebbe un film altamente offensivo. Ma a Nonno scatenato non è giusto concedere neanche questo privilegio, è più che sufficiente l'oblio.