Non sono mai stato un fan particolarmente accanito della saga di ‘Guerre stellari’ (il nome di quando non imperava l’anglicizzazione figlia del marketing), avendo visto in sala la prima trilogia e ignorato invece la seconda. Così mi sono avvicinato senza particolari pregiudizi a questo che è indicato come il settimo episodio dell’intera vicenda e, anzi, considerata inoltre la buona prova del regista con Star Trek, con parecchie aspettative. Alla fine delle due ore e un quarto di montagne russe con pochissimi attimi per tirare il fiato, si può dire che le suddette speranze non siano state rispettate appieno: il film regala uno spettacolo travolgente e bello da vedere, ma patisce qualche semplificazione di troppo. E’ vero che nell’universo immaginato da Lucas si scontrano il Bene e il Male (proprio così, con la maiuscola), ma le vie con cui vi si giungeva erano più complesse nei segmenti precedenti – il lungo apprendistato Jedi, la controversa figura di Darth Vader – mentre ci si spostava tra società e mondi assai vaariegati: benchè la sceneggiatura sia firmata, assieme al regista e a Michael Arndt, da quel Lawrence Kasdan che aveva lavorato alla prima trilogia, al confronto hanno un retrogusto di trovata semplificativa il percorso iniziatico di Rey (Daisy Ridley) quantomeno facilitato e la citazione esplicita dell’avventura capostipite nell’ambiente desertico del pianeta in cui comincia l’azione. La scelta è volta con ogni probabilità a favorire l’avvicinamento delle nuove generazioni di adepti e, del resto, non mancano i richiami alle ultime versioni dei supereroi Marvel, ad esempio i discorsi e le spiegazioni ridotte all’essenziale, ma spruzzate di un filo d’ironia oppure la constatazione che i momenti movimentati – segnati da scontri tra uomini o astronavi – facciano la parte del leone: come giù detto, il giocattolone funziona, ma al termine si sente la mancanza di almeno un accenno di profondità in più. Il soggetto ruota attorno alla mappa che conduce a Luke Skywalker, ritiratosi in eremitaggio: in pericolo, un pilota della resistenza (Oscar Isaac) la affida a un robot - il nuovo BB-8, dalle accattivanti forme rotondeggianti - che finisce poi nelle mani dell’assaltatore pentito Finn (John Boyega) e della giovane Rey. In fuga dagli imperiali guidati dal controverso Kylo Ren (Adam Driver), i due, o tre, rubano nientemeno che il Millenium Falcon per poi andare a sbattere in Han Solo che è nel frattempo tornato a fare il contrabbandiere. Tra varie avventure, il trio ritrova dapprima la spada laser presso la locanda di Maz Kanata (sotto la cui maschera si cela Lupita Nyong’o) e in un secondo momento si ricollega al resto dei ribelli sotto il comando di Leia, ormai promossa a generale. Da qui prende il via l’assalto alla base di Ren, sorta di Morte Nera all’ennesima potenza dotata di cannone laser capace di distruggere mondi ad anni luce di distanza: tra rivelazioni a (quasi) sorpresa e combattimenti vari, il Bene vince come da manuale pur lasciando aperta la porta alle prossime puntate (l’ottava è già in lavorazione). Il tutto è sostenuto da una batteria di effetti speciali ovviamente impeccabili nonchè intergrati con la fotografia di Dan Mindel che ben si districa fra il giallo del deserto arabico e le nevi islandesi: su simili sfondi, oltre che nelle enormi cavità dell’astronave-mondo dei cattivi, i personaggi si muovono accompagnati dalle musiche di John Williams, che spesso non va troppo per il sottile, ma contribuisce comunque al coinvolgimento dello spettatore. Gli attori danno l’impressione di divertirsi r reggono con disinvoltura il peso di essere parte di cotanto progetto, a partire dai giovani – Driver, Ridley e Bodega, tutti di estrazione più o meno televisiva – con una nota di merito per la ragazza; tra i vecchi eroi, Harrison Ford, che ha il primo nome in cartellone, si fa amabilmente il verso grazie con l’aiuto di Abrams che cita qualche inquadratura, mente l’irriconoscibile Carrie Fisher e la piccola apparizione di Mark Hamill servono solo per rafforzare i legami con i film precedenti.