Non faremo torto a nessuno a balzare un attimo alla fine della corsa a perdifiato, al momento in cui il neoprotagonista Taylor Lautner, abbracciando la sua bella (o dovremmo usare la maiuscola?), se ne esce con una frase -troppo poco originale per suonare romantica- che sembra chiederle tra le righe: ti sei divertita? Mentre l'agnizione interna al film non trova reale svelamento, quella del film stesso, della sua natura girl-oriented, si fa invece a questo punto del tutto palese. Il protagonista appare programmato per intrattenere la fanciulla: con un giro "sull'autoscontro", una "passeggiata" lungo il fiume, una citazione cinematografica da brivido (il bacio nello scompartimento del treno alla Intrigo internazionale), la partecipazione ad un grande evento sportivo. Per far questo salta e picchia di qui e di là, speranzoso di guadagnarsi nel frattempo la candidatura a next action hero. Peccato, però, che la sua esecuzione sia totalmente priva di un'anima. Quando i genitori gli vengono uccisi sotto il naso, Nathan non spende una parola né un battito di ciglia: è già una sequenza o due avanti, come se girare un film fosse una corsa contro il tempo e tutto ciò che non è un'acrobazia fosse una perdita di tempo.
Se si è in grado di passare sopra l'ingenuità di molti dialoghi, spesso senza mezzi termini ridicoli, il film può anche rivelarsi un passabile intrattenimento e non c'è dubbio che l'accoppiata teen-movie / action-movie sia una strada sensata e di sicuro successo, basta solo non scomodare confronti ingannevoli. Chi ha cercato di vendere Lautner in Abduction come il nuovo Jason Bourne ha bleffato colpevolmente: nonostante il trauma biografico/identitario di partenza, non c'è traccia alcuna, qui, né della tristezza profonda del personaggio di Bourne né della felicità artistica dei suoi film.