Realizzare un remake comporta sempre alcune variazioni rispetto all'originale, che influiscono conseguentemente sul risultato finale. Neil Labute, ambienta Wicker Man ai giorni nostri (molto meno trasgressivi degli anni '70 in cui l'originale aveva luogo), affidando il ruolo di Edward a Nicholas Cage, cambiando quindi la prospettiva e spostando il peso dell'intero film sul "visitatore-salvatore", rispetto alla versione precedente. Nel 1973, Robin Hardy, aveva preferito porre l'accento sulla comunità pagana, che aveva come capo, Cristopher Lee, sul quale era catalizzata l'attenzione. Tutti i riti e la processione finale (presenti in entrambe le versioni) acquisivano molto più risalto e interesse. Lo spostamento del baricentro su Edward trasforma Wicker man in qualcosa di più simile a The Village, con tonalità da horror-mistery, lontane dalla ritualità neo-pagana, parallela, come concezione, al desiderio di libertà e condivisione del 1968.
Oltre a un'interpretazione mediocre di Cage, il film soffre infatti di una attualizzazione commerciale della sceneggiatura, ripulita dalle sequenze politicamente scorrette o potenzialmente rischiose (Hollywood non ama le tematiche religiose), che lo trasformano in un semplice lungometraggio di genere.