David Dobkin (di cui ricordiamo 2 single a nozze) decide di affrontare il tema dello scambio di corpi e personalità che costituisce da tempo immemorabile uno dei 'must' della commedia made in Usa. Basta citare Nei panni di una bionda del maestro Edwards o il teenegeriale Tale padre tale figlio con Dudley Moore, chirurgo e padre esigente che entrava nel corpo del figlio liceale per avere due dei tanti possibili esempi con inclusa variazione (nel primo era un Jimmy Smits maschilista incallito a 'indossare' un appeal femmineo conservando intatto il proprio modo di pensare). I tempi però cambiano e Dobkin sembra aver seguito un corso accelerato su quella che in inglese si chiama profanity alla premiata scuola dei fratelli Farrelly tanto da portarsi a casa una R dalla severa classifica americana dei film. Solo che Cambio vita è una commedia, come i suoi due protagonisti, a doppia faccia. Mitch si ritrova stretto nei panni dell'avvocato brillante e affidabile e non sa rinunciare alla sua volgare oralità e Dave, al contrario, ha troppe remore morali per entrare come si deve nel mondo sregolato e privo di responsabilità di Mitch. Fino a che...entrambi cominciano a provarci gusto. Ma qui scatta l'ambiguità di una sceneggiatura che si autocostringe ad andare alla ricerca del ripristino dello status quo. Allo spettatore vedere come ciò avvenga. Al critico resta il compito di segnalare come di questi tempi siano sempre meno i film capaci di andare fino in fondo con coraggio nel ribaltamento delle convenzioni. Dovremo prima o poi rimpiangere i tempi di Trainspotting?