A 19 anni dall'ultimo episodio cinematografico di Superman, l'uomo d'acciaio torna sugli schermi per la quinta volta, ma Bryan Singer si è rifiutato di considerare la trama dei capitoli III e IV della saga e riprende il filo narrativo da Superman II.
La struttura del film è praticamente la medesima del primo episodio di Richard Donner datato 1978, ma lo stesso non si può dire della resa. Nelle mani di Singer il film diventa il classico permeato d'ironia che è sempre dovuto essere, il trionfo del superomismo più puro, dove, come è giusto che sia, all'impalpabile figura angelica dell'eroe di Krypton è affiancato uno splendido cattivo, il Lex Luthor di Kevin Spacey, assieme a una serie di sequenze altamente spettacolari.
Ma al di là di ogni interpretazione, a colpire più di tutto è il talento visivo di Singer che si impone come vero elemento di propulsione del film. Colmo di sequenze già viste ma girate in maniera mai vista, Superman Returns conferma come il regista emerso con I Soliti Sospetti sia uno dei migliori entertainer del cinema americano, capace di andare alle radici dello spirito hollywoodiano e girare dei blockbuster dall'anima classica che sappiano intrattenere con gusto e intelligenza un pubblico che non ha vergogna di emozionarsi davanti alle avventure e ai problemi di un alieno dotato di superpoteri che agisce per il bene dell'umanità.