In una fresca e vivace versione animata, Cenerentola è un personaggio che maschera meravigliosamente la sua età. Il riferimento non è semplicemente a questo lungometraggio del 1950 firmato Walt Disney, ma ad una tradizione antichissima che affonda le sue origini nella fiaba cinese di Ye Xian e nel mito dell'etera Rodopi. Si potrebbe dire, con un paragone filologico, che Cinderella sta alla tradizione come la recensione pisistratea ai poemi omerici. In parole povere, come l'Iliade e l'Odissea, la fiaba della Disney è l'elegante sintesi di un insieme di motivi e culture diverse, di una storia più volte riedita secondo le ideologie e le sensibilità più disparate. Ma, essendo destinata specialmente al giovanissimo pubblico dei cartoni, gli autori l'hanno resa aderente alla sobria versione di Perrault, più puritana e priva degli eccessi narrati altrove, come le mutilazioni inferte alle infide sorellastre nel racconto dei "macellai" Grimm, o l'omicidio compiuto dalla fragile Zezolla, l'eroina di Basile. Tuttavia, anche la componente grottesca è assimilata e rielaborata dal film, come suggerisce il fosco tratteggio di alcuni personaggi noir, primo fra tutti la tenebrosa Lady Tremaine, incarnazione antropomorfa del Male, che trova la sua caratterizzazione più inquietante in Lucifero (nomen omen), il gatto che opera ai danni della protagonista non per le ragioni della sua padrona, ma obbedendo all'istinto della sua natura animale. Se la costruzione dei "cattivi" costituisce un notevole punto di forza che carica la storia di una drammaticità insolita per un cartone, la debolezza dei personaggi principali si fa sentire in modo allarmante a partire dall'eroina, che esaspera il ruolo tipicamente gotico dell'innocente perseguitata, con tutto l'apparato di sdolcinatezze proprie del genere, per arrivare al Principe, un fantoccio inetto e incolore il cui anonimato la dice lunga sulla sua utilità esclusivamente simbolica nell'economia della narrazione. Decisamente riuscita invece la galleria di personaggi minori, delineati con garbo e deliziosa ironia, tra cui spiccano il Re e l'impareggiabile granduca Monocolao. Un discorso a parte meritano gli animali che, pur integrandosi nella vicenda degli umani, costituiscono di fatto un universo parallelo. Oltre al già menzionato Lucifero, è bene ricordare almeno la sua nemesi, il cane Tobia, che riassume in sé lo stesso dramma di Cenerentola e il cui riscatto, risolutivo sul piano diegetico, anticipa quello della protagonista.
Ma tratto indiscutibile di Cinderella è la sua straordinaria capacità di imprimersi nell'immaginario, di farsi espressione incondizionata dei sogni e dei desideri più comuni. E se il finale è consolatorio, lo è per indurre lo spettatore giovane (e meno giovane) a non smettere di sognare, comunicando un'idea di necessità che nel bene e nel male caratterizza tutte le umane vicende e richiamando, in questo senso, le parole conclusive della fiaba di Basile, secondo cui "pazzo è chi contrasta co le stelle".