Per alcuni film (e World Invasion è uno di questi) capita di chiedersi quale sia stato il motivo che ha spinto i produttori a finanziarli. Sicuramente in questo caso non è stata l'originalità. A meno che la si sia individuata nel trasferire da un genere a un altro uno stile di ripresa e di narrazione che in passato è stato messo in atto da ben più solide strutture e che comunque sa di deja vu. Perché nel 2001 Ridley Scott con Black Hawk Down ci aveva mostrato come si possa prelevare a viva forza lo spettatore dalla sua comoda poltrona di platea e infilarlo nella più cruenta delle battaglie facendogliela vivere in tempo reale. Lo stesso ha fatto più di recente Kathryn Bigelow con The Hurt Locker in un altro contesto sempre legato al reale. Entrambi si erano anche preoccupati (Bigelow più di Scott) di costruire un tessuto narrativo attorno all'azione. Tutto ciò non sembra interessare né a Liebesman, né tantomeno al suo sceneggiatore Bertolini il quale si limita a offrire l'ormai usurato background al protagonista Nantz e a far entrare in scena ogni tanto un personaggio nuovo.
L'interesse potrebbe allora risiedere in una nuova lettura degli alieni ma neppure questo accade. I 'cattivi' vengono tenuti a distanza (dalla macchina da presa) e da lontano sembrano delle macchine da guerra. Quando poi se ne cattura uno si scopre invece che dai tempi di Alien i Nostri non si sono particolarmente evoluti rimanendo al livello di masse purulente e viscose. Cosa resta allora? Restano quasi due ore di sparatorie, di grida, di movimenti convulsi della macchina da presa e il volto volitivo di Aaron Eckhart. Nonché un'interessante scoperta sul piano scientifico: le veterinarie non possono occuparsi degli esseri umani ma sanno intervenire sugli alieni.. È una specializzazione a cui in molti non avevano pensato.