Una delle sequenze più belle di Viaggio in Italia è il ritrovamento sotto la lava di una coppia abbracciata nell'atto supremo della morte, che fa emergere per contrasto quanto nell'amore degli sposi protagonisti era diventato sempre più inespresso, reciprocamente ignoto e sedimentato dalla stanchezza di anni di vita in comune. D'accordo, il confronto Rossellini - Paul W. S. Anderson è impari e sproporzionato ma nondimeno i due registi trovano nel 'calco' degli amanti la chiave di svolta dei rispettivi film. Fondato sull'interiorità dei personaggi, Viaggio in Italia impiega Pompei e il paesaggio come elemento funzionale al racconto ed essenziale del racconto. Al contrario per Anderson la città sepolta dalla furia del Vesuvio è un pretesto per raccontare una storia d'armi (il gladio) e d'amori che non scatena metodi interpretativi e contrae molti debiti con la serie tv Spartacus.
Pompei si consuma e si brucia come le sue comparse tutto in superficie, lontano da riflessioni culturali o politiche di qualche rilevanza se non la condanna all'imperialismo romano, punita dagli dei della montagna. Pompei è semplicemente un film catastrofico che non ha nemmeno il respiro smisurato di un kolossal. I suoi amanti, Emily Browning e Kit Harington, su cui Anderson apre e chiude, non hanno il candore (figuriamoci i dialoghi) di Jack e Rose, librati sopra e sotto il livello a cui vivono gli altri. Ma non è certo l'interpretazione 'poetica' che persegue Anderson 'imbarcando' Milo e Cassia come gli innamorati del Titanic in un'avventura destinata a naufragare, meglio, a crollare. Diversamente dal film di Cameron, che diventava intimo a dispetto delle sue dimensioni, quello di Anderson resta quello che sembra e come tale va preso, un disaster movie, dove le esigenze drammaturgiche si piegano al genere e la scena del disastro assume grande enfasi spettacolare. Anticipato di recente dal documentario realizzato dal British Museum (Life and Death in Pompeii and Herculaneum) e terzo film di finzione sull'eruzione del Vesuvio (Gli ultimi giorni di Pompei, quello del 1935 e quello del 1959), Pompei è il calco chiassoso, tridimensionale e subito evaporante di un'antica tragedia, a cui dà efficacemente 'vita' e muscoli Kit Harington (Il Trono di Spade), promosso a pieni voti sul grande schermo.
Sbagliata invece la scelta dell'antagonista che ha il volto 'contemporaneo' di Kiefer Sutherland, a cui non riesce di stabilire un rapporto con la Storia e il senso della Storia. Il superbo interprete di 24, proprio come la scenografia, non è in grado di portare il suo peso di realtà, facendo della sua performance un documento storico, psicologico e sociale. Limitandosi alla riproduzione e al compiacimento decorativo, Anderson fa il resto, collassando con lava e lapilli l'edificio drammatico di Pompei.