Sydney Sibilia, il regista, è un esordiente, giovane salernitano con in testa il sogno del cinema. Smetto quando voglio oltre ad essere un film che intercetta una condizione sociale diffusa, il precariato d'eccellenza, è anche un tuffo vertiginoso nel cinema contemporaneo di genere, soprattutto americano. Questa strana combinazione, ovvero una storia tipica della commedia italiana, certo rivista ai tempi della crisi, messa in scena come fosse un film hollywoodiano è il suo elemento di originalità.
Per essere all'altezza di questo mandato, ed evitare la figuraccia del "vorrei ma non posso", Smetto quando voglio garantisce sin dalle prime inquadrature aeree su di una Roma notturna, che a momenti sembra la Los Angeles, una qualità rilevante. Parliamo della fotografia (una color correction tipo "flou pop", acida e satura), degli effetti speciali (misurati), della regia fresca, del montaggio ritmato e vivace. C'è inoltre un lavoro piuttosto riuscito sui personaggi, ben caratterizzati, soprattutto quando si pesca nel coro, nella banda, nelle seconde linee.
Edoardo Leo, il protagonista, è trascinante, a volte troppo, mentre Valeria Solarino che interpreta la sua fidanzata fa non poca fatica a smussare i caratteri di un personaggio troppo rigido e monocorde. Tutto ben assortito, tranne che a un certo punto il film si ferma, galleggiando sicuro sulle sue premesse per trovare un'accelerazione finale fin troppo vigorosa. È un problema di sceneggiatura, probabilmente.