Liberamente ispirato alla serie televisiva degli anni 70, S.W.A.T. dimostra inequivocabilmente che gli sceneggiatori hollywoodiani non riescono da qualche anno a produrre altro che film d'azione fatti con lo stampino, indistingubili tra loro, fatta eccezione per la coppia di protagonisti scelti.
La prima ora del film è epifanica e paradossale: S.W.A.T. è il primo film d'azione senza azione. Troppo lunga la fase di introduzione ai personaggi, inutilmente ridondante il minutaggio speso per l'addestramento, poco incisiva l'azione iniziale della squadra speciale anticrimine.
Il film prende fortunatamente quota nella seconda parte, grazie ad una semplice ma efficace trovata degli sceneggiatori che permette di ribaltare le parti in campo e che affida ai protagonisti il ruolo di difensori piuttosto che attaccanti. Il lato migliore di S.W.A.T. si apprezza nella lettura parallela, nell'analisi di dettagli e microeventi che dimostrano lo stato attuale di certe situazioni negli Stati Uniti, in prima analisi la sicurezza e l'immigrazione clandestina. Non a caso, e qui va apprezzata la scelta del regista, un semi-esordiente, di mettere (apparentemente?) alla berlina gli scarsi controlli che vengono effettuati in quello che dovrebbe essere il paese più attento del mondo a questi particolari, una delle scene migliori e più divertenti è girata all'arrivo di Martinez nell'aeroporto di Los Angeles.
Il cast è chiaramente multirazziale, multietnico e piattamente poco sorprendente. Farrel è la dimostrazione vivente che oggi in America, basta dimostrare un minimo di talento (ma proprio un minimo) per essere ingaggiati a ripetizione per qualsiasi tipo di pellicola. Senza temere il rischio da sovraesposizione. Samuel L. Jackson resta sempre una presenza autoritaria ma l'impressione che si ha è che le telecamere abbiano più interesse ad inquadrare le numerose paia di occhiali da sole utilizzati dagli attori che i loro volti, peraltro scarsamente espressivi persino nei momenti più concitati. La presenza femminile è garantita dalla solita Rodriguez che, guarda caso, impersona la madre affettuosa ma letale nei combattimenti corpo a corpo.
La bidimensionalità impera. Più bizzarra del solito la scelta del cattivo di turno, ruolo questa volta affidato ad uno stralunato Olivier Martinez (ahi...come sono lontani i tempi de L'ussaro sul tetto) che oltre a non essere minimamente credibile nella parte, sembra più che altro l'icona / vittima designata del risentimento statunitense nei confronti del popolo francese. Indubbiamente S.W.A.T. dimostra, a livello tecnico, una certa cura nei dettagli, risultando meno fracassone e "sborone" (e, di conseguenza, meno ridanciano e divertente) di altri film dello stesso genere, Bad Boys o Fast and Furious, per esempio. Il cinema è una forma d'arte o uno straordinario mezzo di evasione? Se fate parte della prima categoria, state alla larga, se siete più accondiscendenti, potreste anche spendere 120 minuti della vostra esistenza per dare attenzione a S.W.A.T.. Ah... se esistesse ancora il cinema di genere...