Dopo Bloody Sunday (ripreso dalla celeberrima canzone degli U2), il drama-documentario che racconta della tragedia a Londonderry nel '72 in cui 13 civili furono ammazzati dai soldati britannici (opera che vinse l'Orso d'Oro a Berlino), Paul Greengrass gira il sequel di The Bourne identity, passato a Locarno due anni fa.
Come in Bloody sunday, Greengrass usa una macchina da presa leggera (hand-cam, probabilmente) che conferisce alle inquadrature un movimento a sbalzi, a scossoni - tipico del reportage - per dare allo spettatore l'illusione che il mezzo cinematografico partecipi agli eventi narrati e non si llimiti a registrarli. Molte location per questo film (da Mosca a Berlino) e, come sempre, tante scene spettacolari, ma l'attenzione non è posta solo sulla messa in scena; c'è un tentaivo (che, purtroppo, resta tale) di un'indagine psicologica del protagonista. La riflessione è sulla perdita (e quindi sull'importanza) della memoria, ma anche su cosa pué accadere quando un uomo si ritrova a dover confrontarsi con il proprio passato e a rimettersi in discussione.
Forse, per una storia come questa e per questo intento, é meglio il testo scritto, il best seller di Robert Ludlum da cui è stato tratto il testo cinematografico.