È il turno di David Slade. Il britannico entra sulla scena della saga-fenomeno di Twilight con passo sicuro e un teaser d'effetto. Promette azione, brivido, batticuore, al passo con un terzo capitolo denso, che sul fronte cartaceo ha fatto incetta di consensi e che del crepuscolo illumina il lato umano, non quello delle creature che si risvegliano col buio ma quello dell'addio al calore del sole (Bella infatti "saluta" la madre e il padre, in alcune prove di commiato che il film gestisce con buon tatto). Eppure, nonostante le dichiarazioni della sceneggiatrice Melissa Rosenberg, che dice di essersi trovata a dover caricare la prima parte poiché il libro concentrava l'azione solo in vista dell'epilogo, il film - quasi a ragione, poiché il cinema non può e non dev'essere letteratura teletrasportata - mostra in apertura di possedere delle buone carte salvo poi spenderle sbrigativamente, a chiusura di un remunerativo compitino da assolvere con sufficienza.
Non è questione di direzione degli attori, ma i personaggi si sono fossilizzati, quasi involuti: che pena le scene nella radura, tra i fiorellini, che magra apparizione quella dei Volturi. Qualcosa continua a far ridere, come la reticenza sessuale di Edward e la squadra di lotta libera a torso nudo di Jacob e sodali; qualcosa pecca platealmente di giovanilismo (la notte nella tenda, rubata alla fantasia di una tredicenne), qualcos'altro sa invece di stantio, come le back-stories di Jasper e Rosalie in salsa western e gangster-movie, facili incursioni nel repertorio.
È il problema del pacchetto nell'insieme, che al di là del vegetarianesimo dei protagonisti e del loro luccicare sovrannaturale, non trova un vero scarto e si lascia sorpassare allegramente dalle variazioni televisive sul tema, ma è anche un problema interno a Eclipse , che ha il merito di lasciarsi indietro la tappa zoppa di New Moon, ma in fondo abbaia e non morde.