Il successo inatteso del film di Demonaco del 2013 - 89 milioni di dollari di incasso a fronte di una spesa di 3 - porta a un sequel in cui, nonostante il budget maggiore a disposizione, le star sono totalmente bandite (nel primo episodio c'era Ethan Hawke). L'enfasi è posta infatti totalmente sul più classico canovaccio da narrazione tradizionale: premessa, missione e discesa agli inferi, salvezza (e maggiore consapevolezza). Non manca nessuna delle figure archetipiche del cinema post-carpenteriano: l'eroe rude con un passato misterioso, la ragazza impegnata e coraggiosa e gli inevitabili agnelli sacrificali, destinati a un'esistenza breve come quella dei "pigiami rossi" di Star Trek. Realizzato evidentemente senza ambizioni che non vadano oltre la celebrazione del B-movie apocalittico, in cui le idee di una sceneggiatura a briglia sciolta contano assai più della caratterizzazione dei singoli personaggi. E in cui trova spazio un'idea antica, anni Ottanta, di riflessione socio-politica su un futuro distopico, quella che guarda allo scontro di classe e al destino sempre più avverso dei ceti meno abbienti. Echi del Carpenter di 1997 - Fuga da New York e del Brian Yuzna di Society, come di Snowpiercer o In Time, che Demonaco sintetizza in novanta minuti di thrilling che sfiorano il ridicolo ma senza cedere di un passo nella propria ortodossia. Proprio questa dedizione alla causa di un B-movie che non esiste più, soppiantato dalle serie Tv, porta automaticamente a simpatizzare con Demonaco (non a caso già sceneggiatore di un remake di Carpenter) e a sorvolare sui non pochi scivoloni di Anarchia - La notte del giudizio.