Dal romanzo di Charles Webb, Mike Nichols trae un intricato dramma familiare aggiornandolo al fervido clima di contestazione che era nell'aria. Ma gli spunti di polemica sociale sono blandi e contraddittori, se rapportati alla figura del protagonista, che prende solo relativamente le distanze da quel mondo, cui comunque appartiene e di cui non rifiuta i privilegi. La stessa tematica del conformismo è denunciata "dall'interno", in modo abbastanza generico e semplicistico. Dubbia inoltre la caratterizzazione dei personaggi, lontani dagli stereotipi ma psicologicamente vaghi.
L'interesse de Il laureato risiede soprattutto nella storia, diretta con abilità e con una seconda parte sempre più incalzante, carica di un'ironia che storna i tempi morti e smussa la drammaticità. Per ammissione dello stesso regista, i tre minuti finali sono i più belli. L'espressione felice dei protagonisti è subito interrotta dalla consapevolezza della realtà e l'apparente happy end della vicenda lascia spazio alla riflessione. È un finale aperto, in cui tutto sembra risolto ma in realtà nulla è veramente concluso. Per il laureato Benjamin Braddock ha inizio l'università della vita. Forse.