Il film di Shyamalan pretende un atto di fede. Se non credete alle fiabe, se siete cinici prima ancora che scettici o se credete, come Mr. Farber, il critico letterario e cinematografico del condominio, che tutto sia stato già raccontato e nel mondo non ci sia spazio per l'originalità e l'incanto, lasciate stare. Se invece avete bisogno di credere in fatti inverosimili, in creature fantastiche e siete disposti ad aiutarle nella loro nobile impresa di salvare il mondo, allora tuffatevi nella piscina del Cove, perché Lady in the water è una fiaba straordinaria. Il film del regista, congedato dalla Disney e accolto dalla Warner, è un'opera metalinguistica. Story, la protagonista, è la storia che si rivela mentre si racconta. Fuori dall'acqua S/story annuncia il suo scopo e i meccanismi narrativi da mettere in atto per raggiungerlo, i personaggi e i ruoli funzionali alla riuscita dell'impresa, al ristabilimento della situazione di equilibrio iniziale e alla sconfitta dell'antagonista che in una fiaba è sempre cattivo. Se la comunità di The village si nascondeva al mondo contemporaneo creando un nemico esterno per proteggere la propria sorte, bloccata sul finire dell'Ottocento, in Lady in the water la comunità, americana e multietnica, esce allo scoperto per combattere un nemico reale e garantire la propria emancipazione. Il mondo rappresentato nel cinema di questo autore è sempre diviso in due: vi persiste un confine che separa un intero ed è la paura la chiave d'accesso alla parte interdetta. L'aiutante, colui che secondo lo schema proppiano aiuta l'eroe, qui eroina, a compiere l'impresa è Cleveland, che come il prete di Mel Gibson (Signs) ha perso la fede. Ma nel cinema di Mr. Shyamalan è consigliabile ritrovarla subito, non credere potrebbe costarvi qualcosa di più del prezzo del biglietto.