Alla vicenda che vede come protagonisti i due personaggi del titolo vengono attribuite molteplici origini. La versione comunque più nota è una riduzione dell'opera di Madame Villeneuve pubblicata nel 1756 da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont in "Magasin des enfants, ou dialogues entre une sage gouvernante et plusieurs de ses élèves".
È ad essa che fa riferimento Christophe Gans il quale non ha però potuto evitare il confronto non tanto con la universalmente nota versione disneyana ma piuttosto con quella estremamente raffinata di Jean Cocteau. Il regista ha deciso di inserirsi negli spazi lasciati più in ombra dal suo illustre predecessore sviluppando così elementi in passato trascurati. Viene quindi dato ampio spazio al padre di Belle, ai suoi fratelli e alle sorelle (che sembrano le sorellastre di Cenerentola) così come si sviluppa ampiamente la causa della maledizione caduta sulla Bestia. Gans, nelle sue dichiarazioni, ha fatto ampio riferimento alla tradizione letteraria classica (a partire dai latini) nonché al versante animistico del cinema di Miyazaki. Ha anche motivato la scelta di un'ambientazione in era napoleonica che si alterna con una rinascimentale (quando la Bestia era principe). Peccato che tutto ciò non sia servito a dare un'impronta stilistica a un film che si manifesta come sovrabbondante di citazioni dal cinema altrui tanto che (a partire dalla prima immagine notturna del castello che ricorda con evidenza quello del burtoniano Edward Mani di forbice) si potrebbe indire un concorso a premi tra gli spettatori per chi ne individua il maggior numero. Tutto è in eccesso in un film che finisce con il risultare invece debole non tanto nel confronto con i suoi predecessori ma nella sua stessa essenza individuale e produttiva. Viene da chiedersi a cosa sia funzionale un tale spreco di effetti speciali in un'era di 3D per non utilizzarne la presa spettacolare. La tridimensionalità avrebbe finito con il giustificare, almeno in parte, un'operazione che così mostra i limiti di una retorica passatista in cui la stessa formula della narrazione rivela da subito, anche allo spettatore più sprovveduto, l'identità di chi narra scoprendo carte che avrebbero dovuto restare coperte.