La leggenda del personaggio di Mulan (letteralmente Fiore di Magnolia) è antica e radicata in tutta la Cina e risale ad una breve "ballata" pensata per incoraggiare le giovani ad essere coraggiose e a "tirare fuori l'uomo che è in loro".
Quest'ultima indicazione, che era già stata ribaltata e utilizzata con ironia nel film di animazione di Cook e Bancroft, qui si trasforma nel suo contrario letterale, in quanto, per rispondere al terzo comandamento, quello della sincerità, Mulan farà invece uscire allo scoperto la donna che è in lei, sotto le mentite spoglie maschili. In questo modo il film di Niki Caro riporta l'eroina alle tradizionali figure letterarie delle donne combattenti e delle guerriere erranti (nüjiang e nüxia), che non nascondevano la loro femminilità ma la esibivano sul campo di battaglia, figure storicamente reali, riprese dal fortunato cinema orientale di cappa e spada.
Ma è soprattutto sul piano visivo che il remake di Mulan (se così si può dire, trattandosi di due film molto diversi) imita le meraviglie grafiche e action dei wuxia pian, rinunciando del tutto alla componente di commedia del lungometraggio di animazione del 1998 e cercando, senza però arrivarci integralmente, l'epica e la cura storico-filologica del modello che lo ispira. E in quest'ottica vanno lette, naturalmente, anche la presenza di Jet Li e Donnie Yen, la festa dei colori e dei costumi, e la ripresa di inquadrature e coreografie tipiche del genere.